LE OFFERTE DI LAVORO
Nel precedente
articolo abbiamo esaminato alcuni aspetti sulla difficoltà di
rapporto tra mandante ed Agente , difficoltà dovuta alla
contrapposizione di opposti interessi oltre al fatto che, quasi
sempre, la mandante cerca di prevaricare l’Agente considerandolo un
proprio sottomesso ma, solo sotto l’aspetto gerarchico, non
economico, infatti, quando si chiedono diritti da parte dell’Agente
ci si sente rispondere: sei un lavoratore autonomo.
E’ difficilissimo
far comprendere sia alle mandanti che all’Agente un concetto
semplicissimo;
“ non
è la mandante che offre lavoro all’Agente,
ma è
l’Agente che procura lavoro alla mandante.
“
Difficilmente la
preponente investe sull’Agente, un listino, alcune foto, a volte
pochi campioni, ed affida così l’ incarico di promuovere i
propri prodotti facendo sottoscrivere dei contratti così pieni di
cavilli, così contorti, che nemmeno i trattati internazionali
contengono.
Nella pratica è il
venditore Agente che investe sull’azienda, tempo, denaro,
capacità, professionalità, rischio, e tutto ciò per procacciare
nuovi clienti al preponente e vendere i prodotti; solo
successivamente se il suo impegno è stato costante, se la sua
capacità è stata premiante, se la sua professionalità è stata al
passo con i cambiamenti del mercato, solo allora, dopo diversi mesi,
vedrà premiato il suo lavoro con le provvigioni, sempre ammesso che
la mandante paghi.
Mentre se il venditore
non riesce nell’ intento di vendere alcunchè, vuoi perché il
prodotto non è appetibile, vuoi perché i costi sono fuori mercato,
vuoi perché il prodotto non rispetta le aspettative, chi ci ha
veramente rimesso?
Solo LUI, l’Agente,
alla mandante non è costato alcunché.
Purtroppo questo è un
concetto difficile da far comprendere agli stessi Agenti, mentre la
controparte è conscia di ciò, ma approfitta della situazione ben
sapendo che il mercato è pieno di venditori. Sarebbe sufficiente
prendere coscienza di questo aspetto per rafforzare la nostra
posizione e diventare i veri imprenditori di noi stessi.
Gli anni passano, il
mondo si evolve, i tempi si riducono per tutto, e cosa si inventano
le mandanti? “ IL PATTO DI PROVA” , un concetto, una clausola
anacronistica, surreale, irrazionale se trasportato nel mondo della
vendita.
E’ stato purtroppo
necessario inserirlo negli AA.EE.CC. per regolamentarne e limitarne
l’abuso, in considerazione del fatto che giuridicamente “ sich ”
è stata ritenuta lecita in più di una occasione, rimarcando ancora
una volta la scarsissima conoscenza che hanno i giudici della
attività dell’Agente commerciale.
In realtà a cosa
serve il periodo di prova?
Il periodo di prova
dovrebbe servire a valutare l’operato di entrambe le figure Datore
di lavoro e lavoratore; nella realtà serve solo alla mandante.
Il contratto di
agenzia potrebbe farne a meno, anzi dovrebbe essere vietato perché
contrasta con la logica del rapporto. Infatti il patto di prova
trova la sua giustificazione nel lavoro dipendente, serve a valutare
se il tornitore, il saldatore, il falegname, posseggono le capacità
richieste, e nel momento in cui il lavoratore subordinato supera il
periodo di prova, diventa quasi impossibile licenziarlo per una
serie di garanzie contrattuali previste per legge e/o per CCNL, al
contrario, nel contratto di agenzia questo limite non esiste, il
contratto può essere scisso in qualsiasi momento senza bisogno di
giusta causa o giustificato motivo;
allora qual’è
l’utilità di questa ulteriore trovata?
A cosa serve? a nulla, o meglio, ancora una volta a favorire le
mandanti e metterle nella possibilità di risolvere il rapporto senza
alcun onere. Anzi, mentre nel lavoro dipendente il lavoratore ha
comunque ricevuto il salario per il lavoro effettivamente prestato,
ed ha comunque diritto anche al TFR, l’Agente, al contrario,
riceverà esclusivamente le provvigioni su quel poco di venduto anche
se l’impegno e le spese sono state notevoli, infatti ben sappiamo
che nel lavoro autonomo, i primi tempi costituiscono un investimento
sul futuro, futuro che un altro ti ha tarpato; spesso occorrono anni
per portare a regime un mandato, e portare quel contratto a “
break even “
Facciamo un banale
esempio,
L’Agente sottoscrive
un mandato dove si prevede un periodo di prova di sei mesi
(generalmente durata massima del patto). L’Agente inizia il suo
lavoro, procura nell’arco dei sei mesi 10 nuovi clienti. Prima che
il termine scada, la mandante recede senza alcun preavviso e, si
sostiene, senza riconoscere all’Agente alcuna indennità. A questo
punto l’azienda riaffida il mandato ad un altro venditore il quale
apporta altri 10nuovi clienti; così in un anno la mandante si
ritrova un certo numero di clienti a costo zero.
A parte che a parere
dello scrivente, il patto di prova nel contratto di agenzia sarebbe
condannato dalla Corte Europea, infatti la normativa 653/86 è
imperativa sia nel preavviso, art 15
“
Le parti non possono concordare termini più brevi. “
e pertanto minimo
l’Agente avrebbe comunque diritto ad un mese di preavviso, sia
sulle indennità di cessazione rapporto, art. 17 e 19 della
direttiva stessa:
“ Le
parti non possono derogare, prima della scadenza del contratto, agli
articoli 17 e 18 a detrimento dell'Agente commerciale. “
Pertanto
si ritiene che comunque anche in caso di patto di prova, l’Agente
ha comunque diritto minimo ad 1 mese di preavviso oltre alle
indennità di fine rapporto.
Bene ha fatto l’AEC
a prevede che il patto di prova può essere applicato solo sul primo
contratto anche nel caso di contratti diversi a tempo determinato.
La sfrontatezza e
l’ingordigia della nostre mandanti pretendevano la possibilità di
inserirla su ogni contratto.
Occorre tener a mente
che l’art 1746 e 1749 cc. prevedono che entrambe le parti, Agente
e mandante, devono agire reciprocamente con lealtà e buona fede.
COS’E’ LA BUONA
FEDE?
“ La buona
fede (dal latino bona fides) comporta
la convinzione genuina del soggetto di agire in maniera corretta:
cioè senza malizia e nel sostanziale rispetto delle regole (anche
non scritte) e degli altri soggetti. La buona fede implica quindi
l'assenza della consapevolezza del danno che eventualmente si sta
procurando ad altri o del fatto che si sta contravvenendo a delle
regole o che le si sta nei fatti aggirandole.”
Dov’è
la buona fede in una preponete che pretende il patto di prova su ogni
contratto?
Dov’è la buona fede
di una preponete che ti modifica costantemente la zona, ti riduce le
provvigioni, ti sottrae i clienti, controlla ogni tuo movimento, ti
occulta gli ordini.
Purtroppo vi è da
constatare che la buona fede è solo una chimera, l’imprenditore
Italico, il Filantropo, non esiste più, la dignità anche nel
rapporto di lavoro, non è più un valore, non vi sono più ideali
che fanno da traino al raggiungimento della meta, ma solo ambizione;
è giusto essere ambiziosi, ma esserlo senza avere degli ideali
trasforma tutto l’operato in puro e solo arrivismo.
Giovanni Di Pietro
Continua al prossimo
numero
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