lunedì 3 aprile 2017

La Contrattazione Collettiva AA.EE.CC. E' SEMPRE ATTUALE ?

Seconda Parte     

LE OFFERTE DI LAVORO

Nel precedente articolo abbiamo esaminato alcuni aspetti sulla difficoltà di rapporto tra mandante ed Agente , difficoltà dovuta alla contrapposizione di opposti interessi oltre al fatto che, quasi sempre, la mandante cerca di prevaricare l’Agente considerandolo un proprio sottomesso ma, solo sotto l’aspetto gerarchico, non economico, infatti, quando si chiedono diritti da parte dell’Agente ci si sente rispondere: sei un lavoratore autonomo.
E’ difficilissimo far comprendere sia alle mandanti che all’Agente un concetto semplicissimo;
non è la mandante che offre lavoro all’Agente,
ma è l’Agente che procura lavoro alla mandante.

Difficilmente la preponente investe sull’Agente, un listino, alcune foto, a volte pochi campioni, ed affida così l’ incarico di promuovere i propri prodotti facendo sottoscrivere dei contratti così pieni di cavilli, così contorti, che nemmeno i trattati internazionali contengono.
Nella pratica è il venditore Agente che investe sull’azienda, tempo, denaro, capacità, professionalità, rischio, e tutto ciò per procacciare nuovi clienti al preponente e vendere i prodotti; solo successivamente se il suo impegno è stato costante, se la sua capacità è stata premiante, se la sua professionalità è stata al passo con i cambiamenti del mercato, solo allora, dopo diversi mesi, vedrà premiato il suo lavoro con le provvigioni, sempre ammesso che la mandante paghi.
Mentre se il venditore non riesce nell’ intento di vendere alcunchè, vuoi perché il prodotto non è appetibile, vuoi perché i costi sono fuori mercato, vuoi perché il prodotto non rispetta le aspettative, chi ci ha veramente rimesso?
Solo LUI, l’Agente, alla mandante non è costato alcunché.

Purtroppo questo è un concetto difficile da far comprendere agli stessi Agenti, mentre la controparte è conscia di ciò, ma approfitta della situazione ben sapendo che il mercato è pieno di venditori. Sarebbe sufficiente prendere coscienza di questo aspetto per rafforzare la nostra posizione e diventare i veri imprenditori di noi stessi.

Gli anni passano, il mondo si evolve, i tempi si riducono per tutto, e cosa si inventano le mandanti? “ IL PATTO DI PROVA” , un concetto, una clausola anacronistica, surreale, irrazionale se trasportato nel mondo della vendita.

E’ stato purtroppo necessario inserirlo negli AA.EE.CC. per regolamentarne e limitarne l’abuso, in considerazione del fatto che giuridicamente “ sich ” è stata ritenuta lecita in più di una occasione, rimarcando ancora una volta la scarsissima conoscenza che hanno i giudici della attività dell’Agente commerciale.
In realtà a cosa serve il periodo di prova?
Il periodo di prova dovrebbe servire a valutare l’operato di entrambe le figure Datore di lavoro e lavoratore; nella realtà serve solo alla mandante.
Il contratto di agenzia potrebbe farne a meno, anzi dovrebbe essere vietato perché contrasta con la logica del rapporto. Infatti il patto di prova trova la sua giustificazione nel lavoro dipendente, serve a valutare se il tornitore, il saldatore, il falegname, posseggono le capacità richieste, e nel momento in cui il lavoratore subordinato supera il periodo di prova, diventa quasi impossibile licenziarlo per una serie di garanzie contrattuali previste per legge e/o per CCNL, al contrario, nel contratto di agenzia questo limite non esiste, il contratto può essere scisso in qualsiasi momento senza bisogno di giusta causa o giustificato motivo;
allora qual’è l’utilità di questa ulteriore trovata? A cosa serve? a nulla, o meglio, ancora una volta a favorire le mandanti e metterle nella possibilità di risolvere il rapporto senza alcun onere. Anzi, mentre nel lavoro dipendente il lavoratore ha comunque ricevuto il salario per il lavoro effettivamente prestato, ed ha comunque diritto anche al TFR, l’Agente, al contrario, riceverà esclusivamente le provvigioni su quel poco di venduto anche se l’impegno e le spese sono state notevoli, infatti ben sappiamo che nel lavoro autonomo, i primi tempi costituiscono un investimento sul futuro, futuro che un altro ti ha tarpato; spesso occorrono anni per portare a regime un mandato, e portare quel contratto a “ break even “
Facciamo un banale esempio,
L’Agente sottoscrive un mandato dove si prevede un periodo di prova di sei mesi (generalmente durata massima del patto). L’Agente inizia il suo lavoro, procura nell’arco dei sei mesi 10 nuovi clienti. Prima che il termine scada, la mandante recede senza alcun preavviso e, si sostiene, senza riconoscere all’Agente alcuna indennità. A questo punto l’azienda riaffida il mandato ad un altro venditore il quale apporta altri 10nuovi clienti; così in un anno la mandante si ritrova un certo numero di clienti a costo zero.
A parte che a parere dello scrivente, il patto di prova nel contratto di agenzia sarebbe condannato dalla Corte Europea, infatti la normativa 653/86 è imperativa sia nel preavviso, art 15
“ Le parti non possono concordare termini più brevi. “
e pertanto minimo l’Agente avrebbe comunque diritto ad un mese di preavviso, sia sulle indennità di cessazione rapporto, art. 17 e 19 della direttiva stessa:
Le parti non possono derogare, prima della scadenza del contratto, agli articoli 17 e 18 a detrimento dell'Agente commerciale. “
Pertanto si ritiene che comunque anche in caso di patto di prova, l’Agente ha comunque diritto minimo ad 1 mese di preavviso oltre alle indennità di fine rapporto.

Bene ha fatto l’AEC a prevede che il patto di prova può essere applicato solo sul primo contratto anche nel caso di contratti diversi a tempo determinato.
La sfrontatezza e l’ingordigia della nostre mandanti pretendevano la possibilità di inserirla su ogni contratto.
Occorre tener a mente che l’art 1746 e 1749 cc. prevedono che entrambe le parti, Agente e mandante, devono agire reciprocamente con lealtà e buona fede.
COS’E’ LA BUONA FEDE?
La buona fede (dal latino bona fides) comporta la convinzione genuina del soggetto di agire in maniera corretta: cioè senza malizia e nel sostanziale rispetto delle regole (anche non scritte) e degli altri soggetti. La buona fede implica quindi l'assenza della consapevolezza del danno che eventualmente si sta procurando ad altri o del fatto che si sta contravvenendo a delle regole o che le si sta nei fatti aggirandole.”
Dov’è la buona fede in una preponete che pretende il patto di prova su ogni contratto?
Dov’è la buona fede di una preponete che ti modifica costantemente la zona, ti riduce le provvigioni, ti sottrae i clienti, controlla ogni tuo movimento, ti occulta gli ordini.
Purtroppo vi è da constatare che la buona fede è solo una chimera, l’imprenditore Italico, il Filantropo, non esiste più, la dignità anche nel rapporto di lavoro, non è più un valore, non vi sono più ideali che fanno da traino al raggiungimento della meta, ma solo ambizione; è giusto essere ambiziosi, ma esserlo senza avere degli ideali trasforma tutto l’operato in puro e solo arrivismo.

Giovanni Di Pietro

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