giovedì 11 settembre 2014

Indennità di Fine Rapporto ex 1751 c.c.

                                    (indennità europea)

Non è necessario dimostrare il perdurare dei sostanziali vantaggi in Capo Alla Mandante dopo la cessazione del rapporto.


Il Codice Civile all'art. 1751 c.c. stabilisce i requisiti per il diritto all'ottenimento dell'indennità di cessazione rapporto (comunemente chiamata " Indennità Europea " che come previsto dallo stesso articolo può essere uguale ad un anno di provvigioni sulla media degli ultimi cinque o frazione di esso.
Per avere diritto a questa indennità lo stesso codice prevede che devono ricorrere determinati requisiti:

1) aver apportato nuovi clienti o aver sviluppato il fatturato con i clienti esistenti
2) che la mandante riceva ancora sostanziali vantaggi dal lavoro svolto dall'agente.

Sembrerebbe una bazzecola ma, poiché è l'agente ad avere l'onere di provare e dimostrare sia di aver procurato nuovi clienti sia di aver sviluppato notevolmente il fatturato con i clienti esistenti, se non si hanno dati certi iniziali forniti dalla mandante, diventa arduo dimostrarlo ed il ricorso alla giustizia viene vanificato.
Ancora più difficile è la dimostrazione del perdurare dei sostanziali vantaggi in capo alla mandante, sia quando questa cessa l'attività per propria volontà, liquidazione, cessione del ramo d'azienda, sia quando l'agente non ha più rapporti con i clienti preesistenti.

Giovanni Di Pietro

In merito si propone una nota dell'Avv. Mauro Maria Marzoli, Legale del Sindacato Agenti Usarci-Larac Abruzzo e Molise nonché componente del Centro Giuridico Usarci

A nostro modesto avviso infatti il perdurare dei vantaggi per la preponente costituisce, a ben vedere, una consequenzialità che potrebbe definirsi quasi virtuale, nel senso che la “dote” lasciata deve essere potenzialmente in grado di ottenere il raggiungimento del suddetto fine, non potendosi certamente consentire il diniego dell’indennità a seguito di successive politiche commerciali della mandante, ovvero dell’abbandono della zona, ovvero ancora della scelta di altro agente non idoneo, ecc. ecc., che abbiano portato a deprimere un mercato che era stato lasciato dall’agente dismesso più che florido.
E’ vero che l’art. 1751 c.c. richiede il perdurare dei sostanziali vantaggi in capo alla ex mandante derivanti dagli affari con tali clienti, ma è un concetto questo che merita qualche istante di attenzione al fine di rendere corretta la sua interpretazione ed applicazione. Va innanzitutto evidenziato che il legislatore, nel riformulare i contenuti della norma civilistica in esame, al fine di adeguarla ai precetti della Direttiva europea n. 86/653/CEE, ha sicuramente mostrato poco impegno essendosi limitato a trasfondere pedissequamente al suo interno, per quel che qui interessa, la prima linea del comma 2 lett. a) dell’art. 17 della Direttiva. Ora nulla quaestio in merito al concetto di acquisizione di nuovi clienti che, non prevedendo un numero minimo e attesa la forma al plurale utilizzata, consente l’avveramento della condizione anche in presenza di due soli nuovi clienti. Del pari, la valutazione da rendere sull’incremento dei fatturati, non ricondotta a percentuali predeterminate, assume rilevanza solo nell’ipotesi in cui risulti sensibile, aggettivo qualificativo questo che, seppur rimesso a giudizi soggettivi, consente in ogni caso apprezzabili margini di obiettiva condivisione.
Il problema sorge invece per individuare i contenuti dell’ulteriore elemento relativo al perdurare dei sostanziali vantaggi per la ex mandante derivanti dagli affari riconducibili a quel parco clienti frutto dell’attività dell’agente e da questi incrementato.
In argomento la giurisprudenza non ha ancora delineato in cosa esattamente consista il perdurare dei sostanziali vantaggi essendosi in pratica limitata a riconoscerlo ovvero a negarlo per postulato, a volte valutando la conservazione dei clienti in epoca successiva alla cessazione del rapporto.
Trattasi, a sommesso parere di chi scrive, di una soluzione non corretta perché consente di introdurre numerose ed indefinite variabili, rimesse a soggettivi apprezzamenti che rendono estremamente aleatorio il concreto concetto da applicare, ma soprattutto perché l’indennità matura al momento della cessazione del rapporto.
A tale data quindi deve cristallizzarsi la disamina degli elementi da prendere in considerazione, ossia accertare se al termine del rapporto sussisteva, rispetto al suo inizio, un sensibile incremento dei fatturati    e/o l'acquisizione di nuovi clienti. La presenza di uno o di entrambi tali risultati, espressione di una clientela attiva, costituisce di per sé il perdurare dei sostanziali vantaggi per la preponente.
Spostare tale disamina in epoca successiva all'estinzione del mandato non appare possibile in quanto lascerebbe innanzitutto indefinito il termine finale entro il quale andrebbe condotta. Inoltre, anche nell’ipotesi in cui dovesse presentarsi, ad esempio dopo sei mesi, un anno o due dalla cessazione del rapporto, una perdita di clientela, ben potrebbe tale situazione essere riconducibile alla scelta di un nuovo agente non altrettanto capace, ovvero a contingenti situazioni di mercato, ovvero a scelte commerciali errate, ovvero alla presenza di altra e nuova azienda che tratta prodotti similari e maggiormente concorrenziali, ovvero ancora all’abbandono della zona da parte della ex mandante, ecc. ecc. Ecco quindi che la valutazione sui risultati ottenuti dall’agente deve temporalmente arrestarsi al momento della cessazione del rapporto quando, accertata la sussistenza dei suoi presupposti (sensibile incremento dei fatturati  o l'acquisizione di nuovi clienti), matura il diritto all'indennità in questione. Diversamente l'intento premiale che la norma si prefigge potrebbe essere vanificato da situazioni successive che, benché oggettivamente presenti e formalmente idonee a negare il perdurare dei vantaggi per la mandante, non sarebbero in alcun modo riconducibili all’agente dismesso, se non addirittura imputabili a fatto e colpa della prima.
In ogni caso ed anche a voler tutto concedere, resterebbe sempre onere della preponente dimostrare sia il venir meno di tali vantaggi e sia la riferibilità di tale negativo evento a comportamenti assunti dall’ex agente successivamente all’estinzione del rapporto.
D’altronde non è chi non veda come l’agente possa onerarsi di siffatta prova. Il perdurare o meno dei vantaggi infatti è circostanza nota soltanto alla ex preponente, non potendo più avere l’ex agente cognizione del fatturato nella zona oggetto del cessato mandato, così restando a carico della prima l’obbligo di dedurre la perdita dei vantaggi formulando idonee richieste istruttorie per dimostrare la fondatezza dell’assunto, come d’altronde il Supremo Collegio ha precisato: “Poiché l'indennità di cessazione del rapporto di agenzia compensa l'agente per l'incremento patrimoniale che la sua attività reca al preponente sviluppando l'avviamento dell'impresa, tale condizione deve ritenersi sussistente, ed è quindi dovuta l'indennità, allorquando i contratti conclusi dall'agente siano contratti di durata, in quanto lo sviluppo dell'avviamento e la protrazione dei vantaggi per il preponente, anche dopo la cessazione del rapporto di agenzia, sono "in re ipsa ", mentre resta irrilevante la circostanza che i vantaggi derivanti dai contratti in questione non possano essere ricevuti dal preponente per suo fatto volontario (nella specie, consistente nella deliberazione di porre in liquidazione la società) (Cass. civ. sez. lav., 26/6/2002, n. 9317, Gambassi C. Soc. Auges Sim promozione fin. e Assicur. in liquid., in Giust. civ. Mass. 2002, 1099)”.
La massima, pur riferendosi a contratti di durata conclusi dall’agente (la fattispecie esaminata dal Supremo Collegio riguardava soltanto tale tipologia contrattuale), esprime un principio di diritto riconducibile a tutti gli affari comunque conclusi, come si rinviene dall’esame della motivazione ove appunto l’incremento dei fatturati e/o della clientela, quali presupposti per il riconoscimento dell’indennità di cui all’art. 1751 c.c., vengono riconosciuti sussistenti sulla scorta delle provvigioni maturate nel corso del rapporto, senza distinzione sulla tipologia dei contratti conclusi dall’agente nel corso del rapporto.

Avv. Mauro Maria Marzoli
 Foro di Pescara 
Centro giuridico Usarci