La forma e la prova del conferimento all'agente dell'incarico di riscossione
Posto che lo svolgimento da parte
dell'agente dell’attività di incasso per conto della preponente dei
corrispettivi dovuti dai clienti non costituisce un elemento essenziale o
naturale del contratto di agenzia, ma soltanto un compito ulteriore che
le parti possono pattuire in tale contratto, di regola deve essere
escluso il diritto ad un compenso per la suddetta attività di incasso in
caso di assenza di una clausola contrattuale che attribuisce
espressamente un incarico di riscossione.
Tuttavia l'art. 1744 c.c. non prevede una forma particolare per la concessione della facoltà di riscossione, ma stabilisce soltanto che ove la stessa sia stata attribuita all'agente "egli non può concedere sconti o dilazioni senza speciale autorizzazione".
Sul tema in questione si è recentemente pronunciata la Cassazione con una sentenza del 16/9/2013, stabilendo che l'attribuzione di un incarico di riscossione può essere concessa in qualunque forma e provata nei modi ordinali, anche per presunzioni, come ad esempio dal comportamento costante delle parti.
In particolare la Cassazione ha ritenuto che spetta all’agente un compenso per l’attività di incasso svolta, nonostante nel contratto di agenzia manchi una clausola che attribuisca espressamente all’agente la facoltà di incassare denaro per conto della preponente, qualora lo stesso agente abbia esercitato costantemente tale facoltà e la preponente abbia prestato tacito consenso.
Ritengo che la sentenza della Cassazione sopra menzionata sia importante per gli agenti, in quanto essi potranno provare a richiedere alla preponente il pagamento di un compenso aggiuntivo per l'attività di incasso in concreto svolta con il consenso della stessa preponente, anche quando il contratto di agenzia non contiene una clausola che attribuisce espressamente tale incarico all'agente.
Avv. Alberto Trapani
Tuttavia l'art. 1744 c.c. non prevede una forma particolare per la concessione della facoltà di riscossione, ma stabilisce soltanto che ove la stessa sia stata attribuita all'agente "egli non può concedere sconti o dilazioni senza speciale autorizzazione".
Sul tema in questione si è recentemente pronunciata la Cassazione con una sentenza del 16/9/2013, stabilendo che l'attribuzione di un incarico di riscossione può essere concessa in qualunque forma e provata nei modi ordinali, anche per presunzioni, come ad esempio dal comportamento costante delle parti.
In particolare la Cassazione ha ritenuto che spetta all’agente un compenso per l’attività di incasso svolta, nonostante nel contratto di agenzia manchi una clausola che attribuisca espressamente all’agente la facoltà di incassare denaro per conto della preponente, qualora lo stesso agente abbia esercitato costantemente tale facoltà e la preponente abbia prestato tacito consenso.
Ritengo che la sentenza della Cassazione sopra menzionata sia importante per gli agenti, in quanto essi potranno provare a richiedere alla preponente il pagamento di un compenso aggiuntivo per l'attività di incasso in concreto svolta con il consenso della stessa preponente, anche quando il contratto di agenzia non contiene una clausola che attribuisce espressamente tale incarico all'agente.
Avv. Alberto Trapani
1 commento:
Salve, mi chiedo se in tutto questo discorso....è compresa pure un'attività che io definisco "atipica"...ossia ciò che ne consegue dopo la presa del titolo o del contante dal cliente....il dover versare in banca (ricerca parcheggio, file interminabili istituti di credito, etc) e l'effettuare da propria utenza (ADSL e personal computer) il pareggio dell'estratto conto del cliente (attività che anni addietro era di competenza di dipendenti del credito della mandante)...insomma anche questo rientra nell'attività dell'agente di commercio?...anche questo rientra nella concessione forfettaria della provvigione?....o andrebbe retribuita a parte?...se non addirittura contemplata come attività da lavoro subordinato???
Mail da non pubblicare: fabio.pastura.ag@gmail.com
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